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DISEGNARE IL VENTO

E’ meglio Cuore o Le due tigri, chiedeva anni fa Carlo , un bambino ossessivamente comparativo, grembiule a quadretti e martingala eternamente slacciata da un lato? Ossia, è meglio la bontà artigliata di De Amicis, o la ferocia bonaria di Salgari, resa inoffensiva proprio dalla quantità degli sterminii? Molti i punti in comune all’interno di tanta distanza : la nazional popolarità gramsciana di entrambi gli scrittori, l’uno celeberrimo con un solo libro, l’altro anche, ma grazie ad una sovrapproduzione quasi compulsiva ; la comune matrice torinese, nell’uno indorata dall’appartenenza alla borghesia bene ed ad una èlite culturale, nell’altro immiserita dall’abitare oltrepò, in un borgo quasi agreste di umili artigianati e di quotidiani commerci (e basta guardare alle vedute della città dipinte dal settecentista Bellotto fino a Delleani, per verificare con stupore cos’era la prima capitale d’Italia al di là del fiume);il riconoscimento ufficiale nei confronti di entrambi, che già all’epoca, per regia approvazione, sottolineava la comune capacità di divertire istruendo; la visione aperta e sentimentale nei confronti dell’uguaglianza, della fratellanza e della libertà, secondo un’ottica risorgimentale atta ad accendere gli animi attraverso comportamenti esemplari; e si potrebbe continuare fino alla inquietante presenza del tema del suicidio nella vita privata di entrambi gli autori. Con la differenza che Cuore parla di scuola, di maestre e di padri, in qualche modo alla portata esperienziale di tutti, anche col trascorrere del tempo. Mentre i vari cicli di Salgari addobbano di colpo il luogo di lettura, isolando chi legge all’interno di una tenda fantasiosamente variopinta, tanto più preziosa perchè inattingibile anche attraverso la scientificità della terminologia esotica.

Di quell’epoca e di molto altro parla l’ultimo libro di Ernesto Ferrero, attuale Direttore del salone internazionale del libro di Torino, raffinato quanto dinamico intellettuale, responsabile letterario ed editoriale presso le più importanti case editrici italiane, nonchè vincitore nel 2000 del Premio Strega con il felicissimo N, che tratta con intimismo delicato ed intelligente l’esilio breve di Napoleone all’Elba, narrato attraverso gli occhi del suo bibliotecario nemico – amico. Là costringendo la grande storia entro un immaginario specifico e episodicamente limitato ad un solo testimone, qui interpretando l’intera vita di uno scrittore tanto pubblico quanto individualmente oscuro , attraverso la coralità degli interventi famigliari e amicali .Secondo un’ottica eminentemente privata, che molto ha dell’eroismo disperato e piccolo borghese del mondo demarchiano di Demetrio Pianelli (1890) diviso fra drammi affettivi, mancanza ossessiva di denaro e senso del decoro ad ogni costo.

Le pagine si aprono su un aprile di cento anni fa, data del ritrovamento , da parte di una lavandaia, del corpo eviscerato dello scrittore : in cerca dell’ultimo scontro con se stesso, secondo una ritualità programmata. Proseguono lungo l’asse domestico di un itinerario tra Verona -Torino- Genova e di nuovo Torino. Rendimento scolastico traballante, famiglia funestata dalla morte precoce della madre e dal suicidio del padre, primo amore respinto per Ada dal petto svettante e dalle chiome lucenti, archetipo indimenticato di tante future eroine. Matrimonio con Ida – ribattezzata Aida- attrice vivace in tutti i sensi , poi madre di quattro figli, se non si contano i due gemelli morti. E poi via via le lotte con gli editori, la stanchezza consumante dello scrivere a cottimo, il rapporto affettivo ed erotico con la moglie , la paternità ansiosa ma allegra, la jungla domestica come un’arca di Noè, il risentimento progressivo verso il mondo , non solo per l’ossessione dei soldi – nemmeno leggeva le clausole dei contratti – ma soprattutto per l’isolamento anche sociale da parvenu delle lettere , nonostante i suoi libri andassero a ruba, arricchendo gli editori. Sullo sfondo, i grandi funerali dell’invidiato – ammirato De Amicis, il deludente spettacolo circense portato in città da Buffalo Bill, le prime automobili della fabbrica Diatto, vista con disprezzo e angoscia come un luogo di dannazione lavorativa senza redenzione; l’allestimento dell’Esposizione Universale del 1911, che porta i commerci cittadini ad uno stato di erotismo cronico , secondo le apprezzate parole del solito De Amicis, fino al suicidio dell’amico giornalista ed esploratore Franzoi, al ricovero in manicomio – reparto poveri -della moglie, alle ultime tredici lettere prima del passo finale.

A dispetto dei cenni biografici autografi, un itinerario esistenziale tipico della razza che, con Montale , rimane a terra. Brevilineo, sportivo, testone tondo e aspirazioni artistiche – dal teatro, alla musica, alla pittura – la protesi della perenne sigaretta come un sesto dito, Salgari , anche quando minuziosamente indagato, rimane chiuso nella sua opera . Forse per la voluta mistificazione tra vita e romanzo, da lui stesso alimentata, forse perchè, più semplicemente, convinto che le cose reali siano deludenti rispetto all’ipertrofia dell’immaginazione, soprattutto se alimentata da un solido ancoraggio alla verità mediante un enciclopedico e metodicamente schedato sapere. Perchè scrivere non è nient’altro che girare in tondo, cercare di essere gli altri, vivere più vite. Cosa che in fondo un viaggiatore vero non potrebbe fare. Consapevole di saper incantare il lettore come un cobra da tirare fuori dal cesto, cui nulla dovrebbe importare se i ricordi sono inventati, perchè quello che conta sono i libri, e non gli uomini che li scrivono.

Vita privata di un autore , punto di vista letterario e storia – soprattutto torinese – di un’epoca, il libro di Ferrero gira intorno al personaggio come una cinepresa manovrata da altri personaggi – testimoni: il giornalista napoletano Casulli, i medici Heer e Chiabotti, i figli e , soprattutto , la giovane Angiolina , virgulto anomalo di un fabbricante di vermouth, dapprima timida ammiratrice adolescente, poi confidente giovane, infine materna e pietosa sorta di vestale dell’accudimento e della speranza, a compensare l’ossessione per la cecità del sedicente Capitano. Angiolina che si accorge di scrivere al posto suo anche le cose che Salgari non dice, e che, come Ferrero, potrà portare a compimento il destino del protagonista ” quando riuscirà a tirare fuori da sè anche quello che il capitano non sa di se stesso “.

Mescolanza sapiente di una verità storica che si prolunga e si completa nell’immaginazione attraverso persone esistite e inventate, spezzoni di citazioni, compulsazioni bibliografiche e interventi descrittivi a flash back dell’autore medesimo, il libro è un sapiente montaggio di passioni trattenute, espresse con un linguaggio sorvegliato e denso di richiami dialettali come di esotismi da citazione. A rappresentare una sorta di pastorale salgariana o di presepe d’epoca, denso di figurine come di richiami noti e meno noti , ma sempre armoniosamente compenetrati. Secondo una modalità di lettura fluida ed agevole che integra l’esperienza del lettore, senza tuttavia sapergli restituire l’incanto di quei primi libri seriali. Perchè l’invenzione del ricordo vale anche per chi legge ed ha a suo tempo letto. Sì che prendere in mano questo romanzo significa ripercorrere la propria infanzia o adolescenza con occhi adulti: distorcendo inevitabilmente nella memoria la sediolina di vimini, l’angolo di terrazzo o di giardino, la manica rimboccata del pigiama ad esorcizzare il sonno, la cameretta con il letto sfatto e i poster dei super eroi dell’epoca ( Che Guevara aveva letto più di sessanta libri di Salgari, mentre dell’Uomo Ragno non sappiamo). Momenti insostituibili – ed un po’ eroicizzati dal tempo – della privata biografia dei singoli, che qui trovano un punto ragionato e forse un po’ troppo diligente di raccordo e d’approdo, sempre in bilico tra due accenti: sulla prima o sulla seconda a del cognome? Sulla seconda, ma l’affettività rimane sulla prima. E, cent’anni dopo, in un momento in cui la sua popolarità ha cominciato forse ad annacquarsi dopo il Sandokan televisivo (1976) e i tinelli marron, Salgari batte finalmente il Cuore di De Amicis, se non altro per almeno 10 -su circa 80 libri- a 1.

DISEGNARE IL VENTO- L’ultimo viaggio del capitano Salgari di Ernesto Ferrero, Einaudi 2011, 187 pagine, 19,50 euro

CONSIGLIATI,da leggere o da rileggere

Ernesto Ferrero : N
Emilio Salgari: Le due tigri
Edmondo De Amicis : Amore e ginnastica
Paco Ignacio Taibo : Ritornano le tigri della Malesia
Mino Milani e Hugo Pratt : Sandokan

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