Film

A SINGLE MAN

“Si farà una gran fatica, qualcuno/ direbbe che si muore/ ma a quel punto/ ogni cosa che poteva succedere / sarà successa….” Così Giovanni Raboni in una sua poesia frontale, come altrettanto frontale è questo film. Che parla di amore, di morte, di caso, di necessità, di maturità e di giovinezza, di professori e di allievi, di solitudini funzionali alle assenze e alle presenze . Dividendo la vicenda in episodi sequenziali ma al tempo stesso amalgamati fra presente e passato, e giocando la storia su tre piani distinti: la voce fuori campo del narratore, che lascia al film la raffinata placenta letteraria da cui è stato estratto. I ricordi del protagonista, tesi ad illustrare le presenze del passato che sono le assenze del qui ed ora. La fotografia, che racconta quello che accade in modo spassionato e passionale, ossia frigidamente romantico; allineando secondo una rigorosa estetica le persone come gli oggetti, mettendone altresì sullo stesso piano le presenze prive di ombre. Assenza che annulla la tridimensionalità sia delle cose che degli individui per delinearli nitidamente e magnificamente come superfici artistiche, senza però togliergli l’anima. Secondo un’estetica dichiarata e coerente, dove tutti sono belli, curati, al loro posto ma non equidistanti: le persone, le supellettili, gli interni e gli esterni, ricostruiti con grande rigore filologico anche nei dettagli dei vestiti, dei trucchi ,delle pettinature, degli arredi anni sessanta. Come se l’estetica fosse uno dei pochi modi per stare al mondo, interpretandolo con dignità …

Tom Ford, uomo bello , intelligente, colto, omosessuale stabilmente accasato da anni e anni ( il compagno compare di sfuggita in una scena all’università) affronta con ragione e sentimento – e forse perfino troppo sorvegliatamente – una specie di suo alter ego, che il caso ha appena reso vedovo del più giovane convivente. E lo segue con raffinatezza ma al tempo stesso con disinvoltura casalinga, non priva dell’umorismo sommesso della quotidianità, nel suo progetto di suicidio. Finchè …quello che doveva succedere, appunto, succede. E rappresenta con maestria e ponderatissima semplicità una vicenda sia emblematica che esplicita, riuscendo a non ghettizzare il film in una dimensione esclusivamente gay, e mantenendo, oltre alle forme, anche un contenuto dialogante tanto esistenzialmente serio quanto conciso e naturale. E, alla fine di una pellicola di gran classe, che fa muro contro la volgarità dei tempi, e che consente a Colin Firth l’opportunità di una grande interpretazione, sorge spontanea una domanda non finale , ma parallela: come mai i grandi stilisti tengono quasi sempre solo per loro il concetto di stile , guardandosi bene, tranne pochissime eccezioni, di indossare abiti o abitare in case che assomiglino anche solo lontanamente alla moda che propongono?

Da vedere assolutamente , aggiungendo un consiglio: ,quello di leggere, dello stesso Isherwood, non tanto l’omonimo libro appena tradotto da Adelphi, quanto Mr.Norris changes train, tradotto da Einaudi con il titolo Mr.Norris se ne va. Questo sì un grande libro definitivo

A SINGLE MAN di Tom Ford, Usa 2009, durata 95 minuti

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Marinella Doriguzzi Bozzo

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