Film

QUELLA SERA DORATA

James Ivory non è solo un regista. E’ anche una ditta di produzione, la Merchant-Ivory, nonché un connubio indissolubile con la sua sceneggiatrice storica, Ruth Prawer Jhabvala. Ma questo Ivory uno e trino è anche un vorace collezionista, dando al termine quel tanto di viziosamente iterativo che contraddistingue la smania di mettere insieme categorie affini. E cosa colleziona Ivory? Classici letterari da trasporre sullo schermo. In tal senso ha raffinatamente saccheggiato, per esempio, scrittori come Forster (Camera con vista, Maurice, Casa Howard), James (I bostoniani, La coppa d’oro), Ishiguro (Quel che resta del giorno).

Questa è la volta di Peter Cameron. Il criterio con cui Ivory sceglie i romanzi da portare sullo schermo sembrerebbe la passione del filologo per la bellezza dei luoghi, delle case, degli arredi: passione uguale e contraria a quella che guidava Visconti nelle sue ricostruzioni ambientali. Uguale, per l’acribia dell’insieme e dei particolari. Contraria, perché Visconti se ne serviva per addobbare e circostanziare un’idea, mentre per Ivory questa è l’idea al centro di ogni film. Tutto il resto è contorno. Non a caso i libri scelti finora ruotavano per la maggior parte intorno ad ambienti socialmente altolocati, in cui sfrenare la passione per lussi o almeno caratteristiche epocali irripetibili, scaturendo la trama da invenzioni robuste. Robustezza che questo libro invece non ha.

Un defunto scrittore di un solo – forse – romanzo. La moglie, l’amante, la bambina dei due, il fratello gay di lui con il giovane compagno asiatico, una specie di villa fazenda in Uruguay. Nella promiscua comunità affacciata sul niente ad invecchiare, sbevicchiare, coltivare la terra, dipingere falsi e vendere mobili anticati, si presenta un giorno Omar, studente di lettere negli USA, dotato di una borsa di studio e di una fidanzata che lo protegge sminuendolo. Deve conservare la borsa di studio, scrivere la biografia dello scrittore suicida, ottenere l’autorizzazione dei tre adulti. Non farà niente di tutto ciò e la vita (non il destino) proseguendo, disporrà di lui come di tutti gli altri, secondo il suo carattere.

Niente di straordinario, eppure Cameron ha il dono dei dialoghi e delle atmosfere, inviando in un mondo quietamente demenziale una specie di moderno Peter Sellers, che giocherà positivamente la sua partita esistenziale essendo semplicemente se stesso. E la magia del libro nasce dallo stile, dal ritmo trasognato, da quella polvere dorata che fa presagire lo scrittore di talento, capace di lasciare il segno nella memoria del lettore.

Quindi l’Ivory collezionista del bello ha dovuto alzare il tiro estetico, inventando un Uruguay mitteleuropeo, nonché dissanguando i personaggi e schematizzando gli eventi. Che perdono così ogni mistero introspettivo a favore di una teatralità fissa, in cui gli attori entrano ed escono da monotone inquadrature frontali. Recitano, costipati anche nei gesti, dialoghi fluidi ma di maniera, riducendo una storia di multiple prese di coscienza a un racconto di scambi e di ricatti da salotto. Si termina infine con due o tre balzi tanto inutili quanto d’accatto, tipici dei temini delle elementari, in cui non si sapeva come “chiudere”.

Sicché l’imbranato protagonista che sembra poco pratico di vita, ma sapiente in cuori, viene ridotto a un burattino di circostanza, dal sorriso tanto bruno quanto melenso; e lo stesso dicasi per la sua proterva fidanzata, circoscritta ad una rigidità di intenti quasi caricaturale. Mentre la famiglia del fu scrittore è uno statico grumo senz’anima, privo di originalità e di ragioni e che non suda mai, limitandosi a sfoggiare un guardaroba mondano tanto lontano sia dalla nostalgia del tempo passato quanto da qualsiasi funzionalità campesina.

E il tutto si dichiara, ahimé, da subito, facendo del sentiero che corre alla villa una sorta di lungo pergolato verde che sembra appena uscito dal pennello chiaro di Alfred Sisley. E via dipingendo, fino a tradire completamente il libro, tramutando la farfalla di Cameron in un insetto elegantemente inerte, trafitto da un entomologo maldestro e innamorato solo della cornice.

QUELLA SERA DORATA , di James Ivory, Gran Bretagna 2009, durata 117 minuti

Letture riparatorie/1: per rimediare alla delusione, si può tuttavia leggere o rileggere Quel che resta del giorno, di Kazuo Ishiguro (Einaudi 2005), per poi vedere l’omonimo bel film che il regista è riuscito a trarne, intervenendo felicemente anche sulla trama e sui caratteri

Letture riparatorie/2: quanto a Peter Cameron, già un classico contemporaneo, suggeriremmo almeno la lettura di Un giorno questo dolore ti sarà utile (Adelphi 2007) altro romanzo di formazione, in cui l’umorismo, la malinconia, l’intelligente originalità dei punti di vista giungono a completa maturazione

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