Film

I COLORI DELLA BALENA

Blu sono le onde e le divise degli ufficiali . Oro la cromia dell’olio di balena e delle monete che assicura . Il bianco fantomatico del grande cetaceo albino non compare e si limita alle vele e alle invasive striature di spuma e di luce che tagliano in diagonale lo schermo come nelle  scenografie di Tintoretto . A significare subito che questo non è un film su Moby Dick , bensì sulle memorie personali di Owen Chase , capitano in seconda dell’ Essex , affondata da un enorme   capodoglio al largo dell’Oceano Pacifico  nel 1821 . Cui a sua volta si ispira il libro di Nathaniel Philbrick , vincitore nel 2002 del National Book Award per la saggistica . E che  Ron Howard ha circumnavigato grazie alla sceneggiatura di Charles Leavitt . Quasi a dire che dietro ai grandi libri ci sono sempre  altri libri ,   spesso saccheggiati dal cinema , talora direttamente , come nella versione diligentemente epica di John Houston del 1956 , talaltra indirettamente , secondo modalità che in questo caso costituiscono il prequel filmico dell’opera di Melville .

The earth of the sea mantiene infatti tutto il pathos quasi schematico delle peripezie di mare , ma molto saggiamente non si scontra con l’intraducibile o l’ineffabile , assumendosi  il più umile compito di costituire una sorta di documento sia storico –  letterario che di costume , beneficiando nel contempo dell’aura di un mito senza la presunzione di riportarne sullo schermo la complessità quasi sovrumana . E che , quando comparve nel 1851 , non ebbe successo , nonostante si proponesse di colmare l’assenza di una  letteratura nazionale eroica , infondendo al vecchio mondo lo spirito e il colore del nuovo .

Onde evitare dunque un  altro scacco in tempi forse anche meno inclini , la regia incornicia la vicenda dell’Essex chiamando in causa lo stesso autore in cerca   di ispirazione sui fatti . Raccontati a loro volta da un ormai anziano sopravvissuto , allora mozzo alla prima esperienza su una baleniera , che non solo testimonia retrospettivamente gli eventi , ma  confessa i rimorsi degli atroci retroscena . Si passa quindi alternativamente dal  mare aperto al chiuso di una notte umilmente domestica , che ha il pregio di non interrompere l’azione , sublimando con naturalezza l’ inevitabile fastidio delle verbosità fuori campo . Tutto potrebbe essere facilmente fruibile come un’estroversione meramente avventurosa di Moby Dick , con una  efficacia di resa apparentemente semplice e  convincente , secondo una perizia  tecnica  ormai collaudata , che tuttavia ha il buon gusto di non abusare  nè degli effetti speciali nè delle bellurie panoramiche di prammatica , contrabbandandole  per lusinghe pittoriche alla Turner .

Però i contrappunti con un’opera non ancora scritta e che li avrebbe poi ben altrimenti trasfigurati sono comunque presenti e trascorrono in filigrana , dalle ossessioni dell’autore ai suoi collegamenti con l’altrettanto puritano Hawthorne , come lui affascinato dal tema del bene e del male all’interno del rapporto fra individuo e società . Rintocchi che si esplicano nella doppia sfida di censo e di competenze fra Pollard e il subordinato Howe , così come nelle menzogne  di un’industria baleniera che incarna l’avidità lobbistica di ogni affare di sempre . Contrapposizione di lotte fra uomini e uomini , fra uomini e natura senza che   i confini del reale trascolorino negli interrogativi  incarnati dalla paura della balena come mostro archetipale , la storia si pone  anch’essa come un romanzo di formazione sia del giovane mozzo che può prefigurare Ismaele , sia di un intero equipaggio nei confronti di un destino inflitto non solo dalla sorte o da Dio , ma  dall’uomo nei confronti dell’uomo sotto forma di cannibalismo .

 Anche in questo caso lo spettatore , come il lettore del successivo romanzo , viene chiamato ad una sorta di correità con le forze del caos morale e materiale , ma il gesto di sfida estrema contro un universo che ha tradito le sue premesse riconoscibili   fino a vacillare intorno al nulla   si arresta   ad una passo dalla follia di Achab , mantenendo  l’impresa nei suoi collaudati perimetri terreni . L’orrore   non sfiora il trascendente ,  si risolve anzi in una sorta di conciliazione fra uomini e animale nonchè di assoluzione reciproca dei morti e dei vivi , nell’ambito di un’ardimentosa caccia naturale insidiata da elementi altrettanto  naturali . A Melville le successive elaborazioni metafisiche con tutte le prefigurazioni delle  inquietudini moderne senza risposta .

Interpretato efficacemente da Chris Hemsworth , la cui fisicità ipertrofica  sfiora la maschera  senza cadervi , Heart of the sea prosegue la cavalcata western di Rush dedicata al mondo della Formula 1 , ma ne dilata i parallelismi diretti in un modo altrettanto esemplare , se non altrettanto convincente , trascorrendo con onesta ed intelligente maniera dal mondo interno ed eminentemente teatrale delle comunità marinare  a quello esterno  gettato oltre l’imprevisto e l’ignoto . Girato in maniera plastica e fluida , quasi rigorosamente bicromatica ,  ora in modalità ravvicinata , ora in panoramiche lontane in cui l’acqua e la balena sono un solo elemento , il film mette a frutto le suggestioni delle origini poco note di un capolavoro e lo fa con un impegno rigorosamente passionale , senza cedere troppo alle esigenze impressionistico –  superficiali che contraddistinguono i prodotti odierni . Chi non ha apprezzato Master e commander  ( Peter Weir , 2003 )   si astenga , mentre coloro che hanno trascorso l’infanzia e l’adolescenza sui grandi velieri dei grandi libri ringraziano i vecchi fremiti , e con loro la voglia di rituffarsi nella nostalgia delle struggenti gesta  perdute .

5_MEZZA

HEART OF THE SEA -LE ORIGINI DI MOBY DICK di Ron Howard , USA 2015 , durata 121 minuti

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Marinella Doriguzzi Bozzo

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