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AVE MARY

Michela Murgia dispone di una intelligenza luminosa, che rischiara generando empatie e trasmettendo simpatia. Ma non potrebbe mai fare l’elettricista, perchè ha il talento del corto circuito.Già messo a frutto in Accabadora(2009)uno dei migliori romanzi italiani degli ultimi anni, che fondeva elementi di vita e di morte all’interno del tema dominante della maternità elettiva.Talento ulteriormente enfatizzato in questo libro originale e stimolante, un po’ pamphlet, un po’ saggio socio-teologico, sullo sfondo di suggestioni infantili e sollecitazioni autobiografiche.In cui l’autrice tenta di rispondere ad un interrogativo severo:”Dio ha raccontato l’uomo e la donna a sua immagine, ma gli uomini e le donne a immagine di cosa si sono raccontati Dio?Tutti i credenti sono a loro modo vittime delle false narrazioni su Dio.Qui interessano soprattutto le ferite che queste narrazioni hanno causato e continuano a causare alle donne..”.

Suffragata da una militanza nell’Azione cattolica nonchè irrobustita da appassionati studi specifici, si struttura così una sorta di inchiesta elitaria e popolare insieme, tra gli odori un po’ amari degli antichi saperi, i flash rimeditati di giornali , televisioni, pubblicità varie, e le luci al neon dei versetti di canzoni che danno il tono e le pulsazioni della quotidianità ai capitoli in cui il libro è suddiviso. Secondo un serissimo quando non ironico andamento, che si apre sullo scandalo contemporaneo della morte. In genere negata e al più sovraesposta in termini maschili, mentre la donna o è vittima ammazzata o rimane invisibile, mera appendice delle dipartite altrui, quasi a giustificare la propria presenza sociale solo dentro l’assenza virile.Per poi fare un vertiginoso passo indietro nelle Sacre scritture, sottolineando come la stessa morte non compaia nel progetto originario della creazione di Dio, bensì per mano di Caino in seguito alla disubbidienza di Eva: madre archetipale dei viventi e dei morenti insieme, fino allo scambio teologico della coppia imperfetta del primo uomo e della prima donna con quella del modello esemplare e redentivo di Gesù e Maria.

A partire da quel momento,in quanto donna, complemento ai piedi della croce o supporto nella deposizione, ma mai protagonista della propria fine, nemmeno nel dogma dell’Assunzione. Perchè il modello di Dio è comunque solo irrimediabilmente uomo, essendo stati deliberatamente coperti i numerosi accenni ad un Dio femminile.Rimanendo così Maria l’unica immagine di riferimento sempre sacrificale, icona di oblatività nei cieli come in terra, visto che anche tutta l’attività pastorale ordinaria si regge sulla disponibilità e l’abnegazione del mondo femminile credente. Mondo femminile reso inabile a riscattarsi da una conclamata inferiorità o secondarietà di genere, stretto fra riferimenti santificati pressochè impossibili di religiose caste, vecchie e povere, o di una sola madre, come Gianna Beretta Molla, morta di parto per aver posposto il proprio fibroma al feto. Non soltanto ribadendo sempre il binomio parto-dolore in aperta contraddizione con la stessa scienza, ma via via angelicando nel tempo anche la Madre in un’astrazione mariana di irraggiungibile sideralità. Ossia quella della Regina celeste bella, giovane, senza il Bambino e quindi finalmente con le mani giunte, mediatrice fra un dio anziano e autoritario e i fedeli, chè la vecchiaia dell’uomo è sempre rispettabile, mentre quella della donna diventa inutile se privata della bellezza virtuosa e ,soprattutto, della fertilità.Con tutte le relative contorsioni confessionali in materia di sesso come di matrimonio.Fino ad una interpretazione viceversa rivoluzionaria di Maria di Nazareth, ragazza dall’obbedienza ribelle anzichè acquiescente.

Tuttavia, attraverso questi stringati e forse improvvidi accenni, non si pensi ad una scorribanda faticosa nell’alta dottrina, bensì ad un excursus appassionato, agile e convincente per ambosessi, in grado di coinvolgere anche quelli che credenti non sono, perchè, come dice l’autrice,”non esistono narrazioni prive di conseguenze ed è dalle storie che i bambini ricavano inconsapevolmente i codici segreti per aprire la cassaforte del mondo”.E tutti, almeno in quanto italiani, abbiamo memoria della catechesi subita, a irrimediabile imprinting individuale, all’interno di una società ancora fortemente condizionata nel medesimo senso.

Ne nasce così una sorta di duplice valutazione, che obbliga chi legge a confrontarsi con le tesi dell’autrice, avendo contemporaneamente presente, in filigrana, la propria storia personale, riveduta , corretta o svelata , ma comunque declinata a suffragio del libro. Che è però al tempo stesso brillante, affettuoso, dolente, denso di tonalità e di timbri che accompagnano elementi ancestrali, osservazioni e ossessioni personali, robusto acculturamento , riflessioni diuturne e irruzioni giornalistiche secondo sintesi apodittiche, che uniscono il colloquiale al lapidario. Mescolando ironia, passione e coraggio, modulati in modo piano, chiaro e sempre significante..Perchè, come si diceva, Michela Murgia ha il talento del corto circuito:riesce cioè a potenziare il significato semantico delle parole sgranandole e collegandole in modo da colpire fulminea anche i sensi, ottenendo di accentuarne sia la presa emozionale che quella razionale. Insomma, non sappiamo esprimerci meglio, ma ci sembra funzioni in questo modo..GRAZIE MICKY

AVE MARY, di Michela Murgia, Einaudi stile libero 2011, 166 pagine, 16 euro

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Marinella Doriguzzi Bozzo

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