Film

RED

Frank Moses è un ex agente della Cia che dorme in canotta, indossa al risveglio vestaglia e babbucce, prende ancora brevemente a pugni il suo saccone, ingurgitando vitamine , in una stanca celebrazione rituale dell’uomo che fu; muovendosi rarefatto in un appartamento blu e grigio dal lusso impersonale , reso asfittico e nebbioso da cumuli di stoffe da parati, sì che anche i sanitari si potrebbero immaginare folti di moquette. Ogni tanto telefona pigramente ad una voce giovane e lontana, per lamentare il mancato arrivo della pensione. Finchè un manipolo di ombre non gli entra violentemente in casa, tentando di eliminarlo e venendone puntualmente annientato. Con un piglio ribaldo , scanzonato e ipertrofico, punteggiato da proiettili come fenomeni atmosferici che piovono su piccoli gesti domestici di non rassegnata noia contemplativa. Nonchè di battute apodittiche, che segnalano da subito l’avventura composita e ironica, pronta a ricalcare tutti gli stereotipi del film d’azione, mescolando il parodistico con il sentimentale, l’eccentrico con il brillante, l’esagitato con lo ieraticamente distinto. Secondo una gradevole trasposizione filmica del soggetto da cui è tratto, riferendosi al fumetto DC Comics di alcuni anni fa, illustrato da Cully Hammer e scritto da Warren Ellis. Trasposizione significata dalle immagini che scorrono in sequenza orizzontale sullo schermo come strisce disegnate, passando da una ambientazione all’altra; mentre le scansioni geografiche dell’avventura sono marcate dalle tante cartoline dei luoghi in cui si frantuma, ognuna inanellando un episodio via l’altro. Che non bisogna pensare ad una trama credibile e agevolmente decrittabile, dovendo lo spettatore accontentarsi di un filo conduttore sgranato tra buoni e cattivi, secondo l’eterno rituale dei vari servizi segreti, in cui le identità si ribaltano ad ogni piè sospinto, nell’eterno gioco del chi è chi.

In questo caso i soggetti sono tutti vecchi e vecchietti più o meno arzilli e maniacali, ma comunque tostissimi, in grado di rinverdire l’antica tonicità grazie ad una inimitabile quanto insuperata esperienza. E il regista è abile a connotarli uno per uno, fruendo di un cast illustre, che palesemente si diverte con ironica professionalità, surclassando i film rivali più o meno dello stesso genere che stanno circolando sugli schermi, da Machete a Kick ass. Senza voler in questa sede aprire una riflessione sull’ondata di rifacimenti che si sta abbattendo sugli schermi, acchiappando trasversalmente sia gli spettatori degli originali, che gli ignari del passato per ragioni anagrafiche. In un’ammucchiata di possibili fruitori di super eroi, senza distinzione d’età. Anzi, rimarcando come la pensione non sia che un’accidentale pausa burocratica in funzione di uno splendido rilancio, che lascia a tutti l’illusoria possibilità di sconfiggere non solo la morte, ma anche la sua ancor più temibile anticamera ,rappresentata da vecchiaie arrese, quando non claudicanti.

Si alternano così un John Malcovich tra lo schizzato, l’infantile e l’inesorabile, che viaggia con un amato maialetto di peluche sotto il braccio – peraltro molto meno innocuo di quanto non appaia – ed un Morgan Freeman fresco di parrucchiere malgrado i finti ottanta anni della storia e l’orgogliosamente dichiarato cancro al fegato; oppure l’elegantissima Helen Mirren, dedita alle rose come alla mitraglia, e non ancora insensibile agli amori del passato. Per non parlare di Bruce Willis, avvantaggiato dall’essere calvo sin dalla più tenera età, e ancora tartarugatissimo e micidiale, quanto romanticamente innamorato dell’unica donna giovane dello stravagante gruppetto. Fino all’happy end finale, che celebra le capacità della regia , della fotografia e del montaggio di tenere in piedi sino alla fine una sciocchezzona dichiarata, ma durante la quale non ci si annoia, perchè la classe è classe. Si vedano i piccoli tic quotidiani mischiati alle pallottole che si incontrano e si scontrano secondo le più improbabili traiettorie; la puntualità dei ritmi in perfetta sintonia con la fulmineità delle battute; la serie di citazioni che finiscono per addensarsi in richiami che assumono il sapore dell’originalità; la volontà di barare fino in fondo, sostenuta dalla serietà dell’impegno corale.

Un film aggraziato, da stagione cinematografica che comincia a sgocciolare nella calura, e che vanta il miglior apprezzamento del pubblico, colto all’uscita: due nerdini giovanissimi, uno alto e dinoccolato, l’altro piccolo e grasso, come una sorta di prolungamento della sceneggiatura, che ritrovando la luce mormorano nostalgici, l’avventura ancora negli occhi: “Ecco, ma come si può accettare che la vita che ci aspetta tutti i giorni sia come la nostra?”

Ah, RED sta per Retired and Extremely Dangerous.

RED di Robert Schwentke ,Usa Canada 2010, durata 111 minuti

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Marinella Doriguzzi Bozzo

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