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CONCLAVE

Allora, alzino la mano quelli a cui non viene in mente neanche un thriller avvitato intorno ai dubbi di una giuria, o un noir che illustri i retroscena segreti di un qualsivoglia potere organizzato, o un giallo che ruoti intorno alle elezioni di una figura pubblica di spicco. Solo che qui, con una coincidenza anche storica della massima attualità, siamo dalle parti della chiesa, entità ancora piu’ misteriosa e coinvolgente perché chiama in causa non solo i risvolti terreni ma anche quelli mistico spirituali , secondo dettami liturgici e scenografici che non hanno rivali , e che coinvolgono un numero di fedeli da far impallidire anche i continenti più abitati .

Nella fattispecie, il papa è appena mancato, i cardinali vengono chiamati alla elezione del suo sostituto secondo regole antiche e codificate, che sfidano il conflitto di interessi, essendo ogni elettore anche un possibile candidato, mentre lo spirito santo si dovrebbe immischiare dall’alto, sorvegliando sulle faide dei gruppi e sui desideri contrapposti dei singoli, divisi non solo fra conservatori e progressisti , ma anche in termini di ambizioni, fra chi dichiara di non voler essere eletto e chi trama apertamente o nascostamente per esserlo . Con l’alibi non verificabile dell’ispirazione divina, che rende indiscutibile ogni possibile conclusione..

Così, con un buon copione, ce ne sarebbe stato già abbastanza per dipanare una trama avvincente che sfruttasse i meravigliosi sfondi artistici, i magici rituali, l’estetica irresistibile dei costumi, illustrando dall’interno le dinamiche di un mondo temporaneamente segregato dagli altri mondi, in bilico psicologico e politico fra cielo e terra, e nel contempo nietzchianamente umano o troppo umano.Con i tipici fatti e misfatti da camera chiusa.

Peccato che , a partire almeno da Il codice da Vinci ( 1999) la Chiesa sia stata scoperta come elemento principe di intrattenimento popolare secondo regole eminentemente secolari e quindi voyeuristiche , condite dai soliti segreti inconfessabili, in cui non si sa mai fino alla fine chi è chi e che verità o falsità proclami, offrendo un presunto surplus di interesse, non necessariamente di grana eccelsa, fino al disvelamento non della verità ma della realtà di un Cristo nudo, eppur sempre ammantato di mistero.

Dunque, ecco che il papa defunto sostituisce la figura del classico investigatore, svelandosi a mano a mano come un indagatore che non può più parlare e che deve a sua volta essere indagato secondo un centellinamento pokeristico di carte e di testimonianze, che confluiscono progressivamente e un po’ legnosamente sulle spalle del britannico Lawrence, cui sono affidati sia la gestione organizzativa del conclave, sia i dubbi umani che di fede. E qui ci fermiamo, perché la premessa e’ tanto originale quanto superiore ai successivi sviluppi.

Tratto dal romanzo di Robert Harris, abbastanza pedissequamente adattato da Peter Straugh ,il film si avvale di un regista coscienzioso, della bella fotografia di Stéphane Fontain, tra le luminosità enigmatiche di Piero della Francesca e i bui rivelatori di Caravaggio, nonché di un gruppo di attori in stato di grazia, tra cui spiccano Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Litghow e Isabella Rossellini. Sì, proprio Isabella Rossellini, perché il tutto è nobilitato, e anche narrativamente guastato, da due elementi di attualità :la sudditanza delle donne, ancelle invisibili e mute, e l’ecumenicità a privilegio degli ultimi e dei periferici, con l’accento su chi fa rispetto a chi interpreta , ossia tra chi si sporca le mani lontano e chi ricama dottrinalmente e secolarmente al centro, dimenticando lo spirito del vangelo e quello dei missionari. Fino a spingersi verso un finale quasi mistico e a tal punto compiacente del mainstream attuale da cadere in un ridicolo quasi offensivo, al limite di qualsiasi confezionamento volto ad indorare la pillola e irrobustire una trama che viceversa risulta esile, per non dire un po’ da cortile o da pollaio.

Vero è che l’azione, essendo augustamente e angustamente segregata, avrebbe dovuto prendere aria da psicologie ben piu’ complesse, ma il timore della noia elitaria è stato sconfitto da un plot asmatico, che si accoda a una narrazione per palati anestetizzati da troppi film di supereroi, di giochi di ruolo, di fumetti riadattati. Le professionalità ci sono tutte, ma il risultato complessivo risulta sopravvalutato rispetto ad un assunto asservito a tempi tragici e complessi, in cui l’unica arma di rimozione o di difesa sembra essere la medietà di semplificazioni immediate e , in fondo, anche mediocri.

CONCLAVE di Edward Berger, USA 2024, durata 120 minuti

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Marinella Doriguzzi Bozzo

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